Satirici & Satireggiati

15 febbraio 2008

LA "MANCANZA" DI ANGESE di Ferruccio Giromini



Il giornalista e critico Ferruccio Giromini ha scritto una riflessione importante sulla "situazione della satira" oggi, dopo la scomparsa di Angese...

Lo chiamavamo Angese anche se sapevamo benissimo che lui si chiamava Sergio, Sergio Angeletti. Ma un autore di satira difficilmente si tiene il suo nome anagrafico, troppo lungo e burocratico; sì, un autore satirico di solito si ribattezza veloce e sintetico (che so: Giuliano elimina il cognome, Rossetti; Bucchi rimuove il nome, Massimo; Altan abolisce nome e mezzo cognome, Francesco e Tullio); il fatto è che un satiro comunica per simboli, non ha tempo di riraccontare ogni volta la rava e la fava – e chi vuole intendere intenda.
Anche l’autodeterminato Angese, dunque, non tradiva la sua razza: andava dritto al sodo, senza fronzoli, proprio come le sue vignette. Ed era allo stesso tempo duro, o almeno così appariva, dal di fuori; e a sorpresa dolce, così si lasciava poi scoprire, dal di dentro. Un satiro perfetto. Un omone che può far paura, perché non ha peli sulla lingua e non le manda certo a dire; ma anche un uomo profondamente umano, che non ha paura di soffrire per sé e per gli altri, e per questo non riesce a star zitto.
La morte di Angese mi ha fatto pensare che sta davvero finendo un mondo, abbiamo davvero cambiato secolo. Avete notato che non nascono praticamente più nuovi autori di satira editoriale? I campioni che resistono stanno invecchiando, anagraficamente, e non vengono rimpiazzati da nuove leve. È che si sta perdendo la capacità di indignarsi, da un lato, e di prendersi in toto le proprie responsabilità, dall’altro. La generazione che a ranghi serrati impazzava quaranta, trenta, ancora vent’anni fa via via su “Linus”, “Il Male”, “Boxer”, “Tango”, “Cuore”, si è per la massima parte dispersa, della serie ciascuno per sé e nessuno per tutti. Molti non pubblicano più, altri lavorano solo di nascosto, quasi solo per sé, appunto, nell’indifferenza dei più.
Jacopo Fo, indignato per la perdita dell’amico, ha accusato la pesante situazione di abbandono editoriale di cui aveva sofferto negli ultimi anni Angese. Lui come molti altri. E ha stigmatizzato una non meglio definita censura che gli avrebbe tappato la bocca. Se di censura vogliamo parlare, è di censura sociale che si tratta. Non è questo o quell’editore che ha tradito il vecchio collaboratore, è proprio il marketing “culturale” (si capisce il senso di queste virgolette?) che ormai ritiene la satira disegnata un prodotto “invendibile”; ed è proprio il pubblico che è indifferente alle piccole stoccate feroci, alle critiche amare, agli scampoli d’intelligenza spicciola nascosti a sorpresa dietro l’angolo, pronti ad accoltellarti sghignazzando. Si ride con meno intelligenza, oggi, sia di persone meno intelligenti di ieri, sia di situazioni che l’intelligenza non sanno proprio cosa sia.
Ora, non vogliamo fare i soliti piagnistei, banali, del si stava meglio quando si stava meglio. È vero, però dobbiamo far finta di no, anche con noi stessi, e andare avanti comunque (pur senza dimenticare di guardarci indietro, di tanto in tanto, per capire dove siamo). Ma per chi ha vissuto quegli anni, quando di satira si poteva anche vivere, a volte neppure malaccio, non può non esserci rimpianto per certe frequentazioni incrociate e per certe amicizie diffuse, tra persone che amavano sentirsi dalla stessa parte, pur nel rispetto delle differenze reciproche, e che affrontavano le molte assurdità della vita in condivisa baldoria, ridendo. Rilanciando, magari, l’assurdo.
E ripensiamo allora a qualcuna delle piccole grandi imprese, quanto deliziosamente assurde!, del durodolce Angese: i suoi Craxi & Martelli che si rincorrevano e capitombolavano come novelli indiavolati Bibì & Bibò, o la sua rivista “L’Eco della Carogna” (titolo squisitamente anti-market!) che, annusati i tempi, per gadget distribuiva boccettine di vero profumo “Eau de Carogne”…
Uomo di grande coraggio, Angese, oltre che di spirito indomito. Uomo degno del massimo rispetto.
Uomo che ci mancherà, che già manca nell’Italia di oggi, incapace di essere dura come si dovrebbe, di essere dolce come si vorrebbe.
Ferruccio Giromini

12 febbraio 2008

CIAO SERGIO...

Oggi è un brutto giorno: se n'è andato Sergio Angese.



Lo conoscevamo da sempre, dai tempi di Pino (Zac) e de Il Male e forse anche prima. Lo avevamo seguito nella sua carriera, sempre ricca di intuizioni (come la Scuola di giornalismo disegnato che aveva aperto), e non di rado ci aveva dato preziosi consigli.
Come con molti altri disegnatori di questa nostra stessa generazione eravamo diventati amici: e anche per questo i ricordi ufficiali si mischiano con quelli personali. Ed è inevitabile che stamani i suoi disegni, sparsi sul tavolo, ci sovvengano davvero molti ricordi e tante persone.
Ci piace ricordarlo le tante volte che fu qui con noi al Forte, sotto il tendone della satira, al mare, alla Capannina, sempre affrontando e rinnovando le sfide con quello che era il suo e un po' anche il nostro mondo.

Ciao Sergio... oggi non ci viene da dire altro.

Cinzia & Franco

Così lo ricorda Jacopo Fo sul suo sito: www.angese.it.